Quanta Italia c'è nell'auto tedesca

2022-10-14 23:27:17 By : Ms. Beca Chen

Lo sapevate che i motori elettrici della Porsche Taycan sono prodotti dall'italiana Marelli o che i freni di BMW Serie 1 e Serie 3 sono di Brembo? Molte delle auto tedesche più conosciute e altre famose auto straniere si affidano spesso a parti prodotte in Italia.

Altri esempi arrivano poi dai fari dell'Audi e-tron realizzati sempre da Marelli, i mozzi ruota posteriori della Porsche Cayenne fatti da Mazzucconi o gli ammortizzatori di sterzo della Volkswagen Touareg forniti dalla torinese Cultraro (fonte Automotive News e IHS Markit). E questi sono solo alcuni dei tanti casi.

Dietro l'auto tedesca e di tutto il mondo c'è tanta Italia, quella della componentistica, parti e accessori di una filiera che da anni fa dell'export il suo punto di forza. Non è un caso che pochi giorni fa l'industria tedesca dell'auto, dal gruppo Volkswagen a BMW e Mercedes, abbia lanciato un grido d'allarme: "Senza Italia e Spagna non possiamo fare auto".

La forte dipendenza della Germania dai fornitori e sub-fornitori italiani di componenti per auto arriva sulle prime pagine proprio ora che il lockdown da Coronavirus ha bloccato la produzione di questi pezzi indispensabili per la produzione. Fra le 2.200 imprese del settore sul territorio italiano (dati ANFIA - Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica) ci sono sia aziende italiane che filiali di grandi gruppi internazionali che comunque danno lavoro a dipendenti nel nostro Paese e che oggi sono ferme, bloccando anche l'industria tedesca.

Quello che pochi sanno è che la filiera italiana dell'auto, quella che partendo dalle più piccole viti, dadi e bulloni arriva ai motori, ai lamierati e alle auto complete, è un'industria che da più di vent'anni ha un saldo positivo, ovvero ha livelli di esportazione superiori alle importazioni.

Nel 2019 ad esempio, ANFIA riporta che la componentistica auto italiana ha segnato un saldo positivo di 6,5 miliardi di euro che deriva in valore da un export per 21,97 miliardi di euro contro un import di 15,44 miliardi di euro.

Secondo l'analisi dell'Osservatorio della componentistica automotive italiana ed. 2019 (ANFIA, Camera di commercio di Torino, Università Ca' Foscari di Venezia), le oltre 2.200 aziende di componentistica auto attive in Italia hanno registrato nel 2019 un fatturato di 49,3 miliardi di euro. A questo si sommano i 158.700 lavoratori impiegati direttamente in forniture e subforniture.

Il settore della componentistica auto è in salute da oltre vent'anni e a dimostrarlo c'è un saldo positivo import-export che fra il 2007 e il 2019 si è stabilizzato su una media annua di 6,5 miliardi di euro. A livello di peso produttivo (sul valore totale) le aziende del settore sono ripartite soprattuto fra Piemonte (43,5%), Lombardia (24,2%), Veneto (8,2%) ed Emilia-Romagna (6,9%).

La Germania è la prima destinataria delle esportazioni da parte dei supplier italiani con una quota pari al 21% dell'export totale. A quote più che dimezzate troviamo poi Francia (10,5%), Regno Unito (8%) e Spagna (7%). A seguire ci sono gli USA e la Polonia al 6%, la Turchia al 4%, l'Austria col 3%, il Brasile al 2,6% e la Repubblica Ceca, sempre col 2,6%.

Occorre però ricordare che in questo conteggio totale delle esportazioni sono comprese anche quelle componenti che dagli storici fornitori italiani di Fiat finiscono negli stabilimenti esteri di FCA: dagli USA alla Polonia passando per la Serbia e la Turchia, ma anche il Canada, il Messico, il Brasile e la Cina.

Tornando a quanto detto all'inizio vogliamo andare a vedere cosa ci chiede la Germania dell'auto, ovvero quali parti prodotte in Italia vengono esportate verso l'industria tedesca e in che percentuale. Per farlo abbiamo chiesto ad ANFIA di estrapolare per noi i dati specifici Italia->Germania che trovate nella tabella qui sotto.

La cosa che emerge chiaramente da questa classifica è che i tedeschi apprezzano e acquistano in quantità le nostre "parti ed accessori destinati al montaggio" ovvero tutte quelle componenti minute che includono ad esempio viti e bulloni e che rappresentano il 21,2% del nostro export verso la Germania. Anche i freni rappresentano una voce importante del nostro export, così come i motori e i cambi, ma anche pneumatici e ruote.

Solo per citare una curiosità a margine di questa classifica che vede regine dell'export viti e bulloni possiamo ricordare Brugola, storica azienda brianzola che è anche il primo produttore mondiale delle "viti critiche". Per viti critiche si intendono quelle viti che sono "determinanti per il raggiungimento delle prestazioni del motore" e vanno da quelle di testata a quelle di biella, di bancata, albero motore, distribuzione, alberi a camme e volano.

Insomma, l'azienda diventata famosa per le viti a testa cava esagonale ora esporta il 100% della sua produzione e senza di lei non possono essere prodotti i motori di BMW, Mercedes, Opel, tutto il gruppo Volkswagen e di tanti altri marchi sparsi per il mondo.