A Pompei coltiveranno le viti degli antichi romani: cercasi azienda agricola- Corriere.it

2022-07-22 19:01:20 By : Ms. Dolly Lin

Vigne tra colonne, scavi e dimore dell’antichità . Il “vino schietto” ricavato dai filari dei vigneti maritati, proprio come si usava nel 79 dopo Cristo, però, non sarà conservato in anfore di terracotta o servito durante banchetti degni di Trimalchione. Per produrre il suo “vino pompeiano”, coltivato nelle aree di Pompei, Stabiae, Boscoreale e negli altri siti verdi dell’area — le stesse dove veniva prodotto 2mila anni fa — il Parco archeologico sta cercando un partner privato per co-gestire i vigneti archeologici e seguire il progetto in comunione dall’impianto, alla coltivazione biologica, alla vinificazione fino alla commercializzazione.

L’obiettivo del parco archeologico è una nuova gestione del verde. Pubblicato il bando internazionale per la ricerca di un partner che collabori nella produzione, dalla gestione delle viti (alla maniera in uso fino al 79 dopo Cristo) all’imbottigliamento e alla vendita del vino

L’obiettivo è una nuova gestione del patrimonio verde attraverso la creazione dell’Azienda agricola Pompei: una sfida che sarà realizzata con un processo partenariale pubblico–privato. L’avviso internazionale per la co-gestione dei terreni destinati - e da destinare - a vigneto e al ciclo produttivo del vino, in scadenza il prossimo 26 agosto, è stato pubblicato sulla Gazzetta europea (lo trovate qui).

Il Parco archeologico di Pompei — il cui territorio si estende per più di 60 ettari intorno alla città antica, oltre ai cosiddetti siti esterni — comprende un ettaro e mezzo di vigneti (che fino al 2021 erano stati dati in concessione all’azienda Mastroberardino). Questi sono stati ricreati negli anni Ottanta del Novecento, a partire dal ritrovamento di cavità nel terreno lasciate dalle radici delle viti, ma anche di pollini e frammenti di legno, in alcune aree di Via di Nocera . Da lì sono stati poi estesi in diversi appezzamenti delle Regiones I e II: dal più vasto, nell’antico Foro Boario, a quello del Triclinio all’Aperto, arrivando fino all’interno delle domus con le antiche coltivazioni a pergola e maritata, all’Orto dei Fuggiaschi, all Nave Europa e tanti altri. «In antichità la pluricultura era la normalità», spiega a Pianeta 2030 Gabriel Zuchtriegel, direttore del parco archeologico. «Tra le viti c’erano gli ulivi, nell’uliveto si coltivava il grano. Nei giardini c’erano orti e frutteti. Bisogna superare l’idea della monocultura, e di questo beneficerà anche la terra».

Una nuova gestione del patrimonio naturale “Ai vigneti già presenti si aggiungeranno altri cinque ettari di nuovi impianti di assoluta eccellenza e gestiti secondo i dettami esclusivi della lotta biologica artigianale/naturale ”, spiegano dal Parco. I vigneti saranno impiantati nelle aree archeologiche di Pompei, Stabia, Boscoreale e nel parco del Polverificio Borbonico di Scafat i (una zona sottratta alla mafia, che qui coltivava marijuana) , sia nella forma di allevamento a palo e alberello, sia a spalliera su terrazzamenti, con una particolare attenzione all’impostazione paesaggistica. Lo scopo è quello di creare una nuova gestione del patrimonio naturale del Parco , rendendolo autosufficiente dal punto di vista energetico, potenziandone la biodiversità, ma anche trasformandolo in propulsore per attività sostenibili sia dal punto di vista ambientale che da quello sociale e legale.

“Ai vigneti già presenti si aggiungeranno altri cinque ettari di nuovi impianti di assoluta eccellenza e gestiti secondo i dettami esclusivi della lotta biologica artigianale/naturale

«Non è la prima volta che a Pompei si produce il vino», continua Zuchtriegel. «Ma se fino a oggi l’ettaro e mezzo del Parco è stato dato in concessione, ora vogliamo essere più coinvolti e pensiamo che questo possa essere un vantaggio anche per i nostri futuri partner. Vorremmo creare frutteti, oliveti, produrre miele», continua, «Inoltre abbiamo preso in consegna un’area confiscata alla camorra , quindi l’impatto sarà anche sociale. La nostra idea è anche quella di superare i compartimenti nei quali di solito vengono divise le attività: cultura, agricoltura, archeologia. È vero che ogni cosa richiede le sue competenze, ma abbiamo degli specialisti. E vogliamo proporre un nuovo modello in cui tutti questi patrimoni sono collegati. L’archeologia e il paesaggio sono strettamente legati: senza il territorio, senza il paesaggio, Pompei non sarebbe la stessa e già non è più la stessa di quella che era nell’800 ».

Argine contro la criminalità «È il primo passo verso quella che abbiamo battezzato l’azienda agricola di Pompei», ha detto il direttore del Parco, Gabriel Zuchtriegel , «Abbiamo più di cento ettari tra Stabia, Pompei, Bosco Reale e Torre Annunziata che possono essere adibiti a coltivazioni di frutteti, vigneti, uliveti. L’azienda agricola non sarà una srl ma un sistema di partnerariati che gestiscono in una logica di sistema questo patrimonio verde . La manutenzione di queste aree verdi inoltre per noi ha un costo elevato e possiamo trasformarlo in valore ». Il progetto può diventare inoltre un margine contro la criminalità: «Il migliore modo per contrastarla è far sì che il territorio sia coltivato e controllato», aggiunge. «In questo modo gli scavatori clandestini non hanno modo di entrare. Ma questo avviene se c’è l’interesse di tutta la collettività».

«È il primo passo verso quella che abbiamo battezzato l’azienda agricola di Pompei», ha detto il direttore del Parco, Gabriel Zuchtriegel

“Il vino avrà caratteristiche di unicità ed eccellenza garantite dalla verifica dell’intera filiera produttiva e il controllo certificato di ciascuna delle fasi di produzione”, spiegano dal Parco. S arà un vino naturale prodotto seguendo il disciplinare della coltivazione biologica ‘artigianale/naturale’ “nel rispetto e interpretazione aggiornata delle tecniche e modalità colturali del mondo antico; in particolare quelle derivate dalla conoscenza archeologica dei siti di Pompei , Villa Regina e Ville di Stabiae nel loro periodo di vita (dunque fino al I secolo d.C.), nonché secondo le regole imposte dalle superiori istanze di tutela, fruizione e valorizzazione del patrimonio archeologico”.