Marche, fra Carlo Magno e Ottone III: i misteri e le bellezze dell’antica Abbazia di San Claudio, nella campagna di Corridonia - Turismo Italia News

2022-09-23 21:22:10 By : Ms. Bella wu

(TurismoItaliaNews) E’ un’abbazia che ammalia per la sua bellezza e le sue linee eleganti. Linee originali, a ben guardare, in cui a fare la differenza sono le due torri ornate da bifore, alte 16 metri e dal diametro di 4,5 metri, uniche nelle Marche ed associate come ai simboli del potere imperiale e di quello spirituale, simili ai campanili della zona ravennate. Abbazia: in realtà questa definizione della chiesa di San Claudio (situata nel territorio in cui sorgeva la città romana di Pausulae, che fu anche antica sede vescovile, e documentata a partire dall'XI secolo) risale solo al Settecento: non essendo stata sede di un centro monastico, è un titolo che le è stato attribuito per l’imponenza del complesso architettonico e per la sua vasta tenuta agricola, visto che comunque era una semplice pieve. Un insieme comunque molto complesso: esternamente è formata da due livelli identici sovrapposti, con le due torri che servivano da collegamento per il matroneo della parte superiore e per l’accesso al terrazzo intorno alla cupola ottagonale. L’elegante scala esterna è stata aggiunta nel tredicesimo secolo, contestualmente al portale in pietra d’Istria della parte superiore, che richiama quello del duomo di Fermo.

“Non si conosce la data di costruzione di questa enigmatica chiesa, unica nel suo genere architettonico – ci spiegano durante la nostra visita - gli storici ne hanno ipotizzato l'edificazione tra il VI e XI secolo. Lo studioso di storia dell’arte Giovanni Carnevale, che ha ribaltato la storiografia ufficiale dell’Alto Medioevo, la fissa invece nell’VIII e ha affermato sin dal 1992 che la chiesa di San Claudio è la vera basilica di Santa Maria Mater Domini di Aquisgrana”. Internamente l’Abbazia di San Claudio nei piani inferiore e superiore è a pianta quadrata; quattro pilastri centrali dividono lo spazio in nove campate. Gli archi sono a tutto sesto e le volte a crociera. Sullo sfondo ci sono tre absidi e altre due nelle pareti laterali; nel catino absidale centrale della chiesa inferiore si conservano due affreschi del 1486 opera di un pittore anonimo, raffiguranti a destra San Claudio e a sinistra San Rocco.

La particolarità costruttiva è un primo elemento di interesse e in qualche modo di mistero. “Questi stessi elementi strutturali – ci spiegano - sono presenti anche nella cappella e nell’oratorio della chiesa di Germigny-des-Pres vicino ad Orleans, fatta costruire fra il 803 e il 806 dal prelato Theodulf, scrittore della corte carolingia e consigliere di Carlo Magno, sul modello della Cappella Palatina di Aquisgrana. Così risulta in modo unanime e inequivocabile dai documenti dell'epoca”. In realtà l’edificio di Germigny-des-Pres è architettonicamente l’equivalente della chiesa di San Claudio al Chienti, mentre non esiste alcuna analogia tra la Cappella di Germigny-des-Pres e quella di Aachen, l’Aquisgrana storica. Sono una trentina i luoghi carolingi, cioè legati a Carlo Magno, molti dei quali proprio nelle Marche: da Aquisgrana ad Urbisaglia, da Morrovalle a Salmaregi, all’Abbazia di Sant’Eutizio.

Se le caratteristiche dell’Abbazia di San Claudio a Corridonia richiamano quelli di altre importanti edifici sacri, la storia di questo luogo si è ulteriormente arricchita con un capitolo che in qualche modo ha contribuito a renderlo ancor più intrigante, se non addirittura più misterioso: “Risulta da testimonianze scritte e orali che nei lavori di restauro della chiesa di San Claudio, effettuati tra il 1924 e il 1926, sotto l’altare fu rinvenuto un sarcofago con dentro una mummia munita di spada e dai capelli biondo-rossicci” ci raccontano mentre visitiamo la chiesa. Ma chi poteva essere questo personaggio? “Le spoglie dell'antico guerriero, riposte senza spada qualche giorno dopo il rinvenimento vicino alla prima colonna di destra della chiesa, per il professor Carnevale erano di Ottone III, morto a Paterno nel 1002 e sepolto davanti l’altare della chiesa di Aquisgrana”.

Non solo: nel “Capitulare de Villis”, ovvero il “Decreto sulle ville”, un capitolare emanato negli ultimi anni del regno di Carlo Magno, verso la fine dell’ottavo secolo, per disciplinare le attività rurali, agricole e commerciali delle aziende agricole dell’impero, si fa riferimento a paesaggi e prodotti agricoli tipici del clima mediterraneo e non nordico. Alcuino, collaboratore e biografo di Carlo Magno cita la Cappella tra vigneti di Aquisgrana. “Ma ad Aachen le viti non crescevano durante la piccola glaciazione dal V al IX secolo. Il vino cotto poi è un prodotto del Piceno e non certamente germanico…”. Il vino cotto è infatti tipico delle Marche e dell’Abruzzo, prodotto ancora oggi nelle zone collinari e pedemontane delle province di Ascoli Piceno, Fermo, Macerata, Ancona, Pescara, Teramo e Chieti ed è in particolare molto apprezzato quello del territorio dei comuni di Lapedona, di Loro Piceno di Mosciano Sant'Angelo, di San Vito e Roccamontepiano.

Insomma davvero di tutto e di più. E allora questa Abbazia è decisamente da visitare e una volta all’interno, cercare di immaginare cosa possa ancora riservare per gli studiosi…

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