Il «cacciatore di fulmini» nasce a Campi Bisenzio e resterà in orbita 9 anni - CorriereFiorentino.it

2022-08-26 21:29:58 By : Ms. christal wang

«Officina Galileo. Costruzione di ogni sorta di apparati per la fisica, chimica, astronomia, topografia, geodesia, meccanica, orologeria, telegrafia, meteorologia, elettroterapia». Il manifesto storico è ovunque, assieme alle immagini degli strumenti realizzati nel XX secolo ed oggi. Alla Leonardo di Campi Bisenzio, stabilimento che impiega 1.000 addetti, la metà dei quali laureati, c’è l’orgoglio di fare parte di una lunga storia fiorentina — iniziata con le Officine Galileo nel 1864 alle Cure e che ha visto anche l’acquisizione di Sma e Ote — e di una tradizione di eccellenza e ricerca che ha fatto crescere la sezione spaziale di Leonardo a 450 persone, 250 delle quali lavorano a Campi. Ed ha portato al «cacciatore di fulmini» il Lightining Imager, «Li», il primo realizzato in Europa (ne esite solo un’altro made in Usa, ma di prestazioni inferiori) che tra un anno volerà su un satellite . E permetterà di migliorare le previsioni meteo e lo studio dei cambiamenti climatici, ma anche lo sicurezza del volo aereo. Un progetto nato nel 2012, dal valore di 82 milioni di euro, tutto made in Campi, dall’idea, agli algoritmi, all’ultimo bullone.

Carlo Simoncelli, 36 anni, ingegnere meccanico laureatosi a Pisa, è il capo del progetto «Li»; Guia Pastorini, 42 anni, laurea in Fisica a Firenze, è la responsabile ingegneria del progetto. Sono loro le guide nella visita allo stabilimento, alla «camera bianca» quasi sterile dove l’apparecchio di osservazione dei fulmini è all’interno del simulatore spaziale, anche esso fatto a Firenze, dove è sottoposto agli ultimi test prima di uscire dalla fabbrica . «Lo strumento andrà su uno dei satelliti di Esa ed Eumestat, l’organizzazione europea per lo studio della metereologia, satelliti di terza generazione, che dal 2022 sostituiranno quelli in orbita, con un enorme salto tecnologico. Gireranno a 36.000 km di altezza, copriranno il 90% dell’Europa, con una risoluzione di 5 km per quanto riguarda i fulmini — spiega Simoncelli — Il nostro “fulminometro” è composto da quattro telecamere , esegue una rilevazione continua, può vedere anche un singolo fulmine sia di giorno che di notte, sui deserti come sugli oceani. Lo strumento in titanio, alluminio e fibra di carbonio, pesa 130 chili e deve funzionare almeno i nove anni di vita del satellite e deve essere perfetto: non può essere manutenuto o riparato una volta in orbita». «L’intelligenza artificiale contenuta nello strumento — sottolinea Pastorini — permette di inviare a terra solo la millesima parte dei dati, quelli utili, e consente prestazioni altissime: intercetta lampi la cui luce è mille volte più rapida di un battito di ciglia. Il progetto è frutto di un team di trenta persone».

Nel simulatore lo strumento è sottoposto a temperature da -40 a +60 gradi, a vibrazioni estreme, a bombardamenti elettromagnetici, nell’ipervuoto come nello spazio, e tra poche settimane sarà consegnato a Thales Alenia Space in Francia per essere poi montato sul primo satellite Meteosat di terza generazione, mentre altri tre «Li» saranno prodotti entro il 2024 per altrettanti satelliti del programma meteo europeo. «La divisione spaziale si è sviluppata dall’inizio degli anni ‘90, i nostri strumenti volano attorno a tutti i pianeti del sistema solare, abbiamo rapporti con università toscane e non solo , e con una decina di fornitori in Toscana — conclude Enrico Suetta, responsabile tecnologie spaziali di Leonardo — Anche il cacciatore di fulmini è interamente progettato, costruito e collaudato qui».